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Il Kosovo insiste sulla via del riconoscimento: il governo punta al sì (lontano) del Vaticano

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A cinque anni dall’autoproclamazione dell’indipendenza del Kosovo dalla repubblica di Serbia, il governo di Pristina continua la sua crociata internazionale per il riconoscimento dello status del Paese. Si tratta di “un processo inarrestabile”, secondo il ministro degli Esteri kosovaro, Enver Hoxhaj, che parlando al South Easten Times ha aperto la strada dei lavori “nei prossimi mesi”: “Siamo pronti a intensificare le negoziazioni con l’Organizzazione per la cooperazione islamica (Oic) e il Vaticano”. L’obiettivo, infatti, è quello di raccogliere l’assenso dei Paesi arabi e del Vaticano. Ma la strada di Roma è ardua e la diplomazia è stretta tra la vicinanza ai limitrofi Paesi cattolici e il rapporto con la maggioranza musulmana del Kosovo e le comunità antiecumeniche, pronte a gridare al proselitismo.

Vertice: Kosovo, “Papa Francesco apra il suo cuore”. Nuovi colloqui tra la Santa Sede e il governo di Pristina sono avvenuti già nei primi di settembre, quando il ministro degli Esteri kosovaro, Enver Hoxhaj, ha incontrato Francesco Canalini (inviato speciale di Papa Francesco), Juliusz Janusz (delegato apostolico del Vaticano per il Kosovo) e Dode Gjergji (Vescovo della diocesi del Kosovo). “Sono certo che Papa Francesco aprirà il suo cuore”, ha dichiarato Hoxhaj auspicando “un riconoscimento del Kosovo da parte del Vaticano”: “rappresenterebbe un segno di gratitudine per un popolo che ha molto sofferto e per il suo forte impegno a costruire uno Stato democratico in accordo con i più alti valori europei”.

La lenta via della diplomazia vaticana. Se Gjergji – in visita a Bruxelles nel 2008 a qualche settimana dal distaccamento dell’ex provincia kosovara – aveva parlato di gruppi di “cripto-cristiani” convertitesi all’Islam per via della dominazione ottomana, la posizione ufficiale del Vaticano è molto più cauta. Da un lato, infatti, la maggioranza dei kosovari si dichiara islamica ed è contraria al radicarsi della Chiesa, accusata di voler convertire il Paese. Dall’altro lato, il riconoscimento da parte di Roma rischia di minare i rapporti con le ortodosse Serbia e Russia e con quegli Stati che si trovano in situazioni anologhe a quella Serbo-kosovara. Vedi, a esempio, Spagna-Paesi baschi; Cipro divisa tra turchi e greci; Romania e Slovenia, Stati in cui vivono minoranze ungheresi.  La diplomazia vaticana, dunque, potrebbe muoversi molto lentamente, nonostante siano sempre più numerosi gli Stati che hanno riconosciuto il Kosovo, tra cui 23 Paesi Ue e 106 Stati Onu. Tra i big internazionali il sì è arrivato da Usa, Francia e Regno Unito, mentre Russia e Cina hanno preso le difese della Serbia.

Anna Serafini


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